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martedì 9 novembre 2010

Una bella uscita tra amici, a bere birrette in una bettola storica delle nostre serate, monopolizzando il biliardino e rovesciando i posacenere dai tavoli; mentre tutto l'arredamento di anticaglie trafugate ai vari robivecchi e mercatini delle pulci di Berlino rimandava, col freddo umido che sbirciava fuori dalle finestre appannate, uno scenario surreale e fuori dal tempo, che è poi la vera magia dello Schlawinchen, quando non straripa gente ubriaca fin sulla Schönleinstraße.
Una bella serata sgangherata, quando puoi cacciar balle, ridere sguaitamente, sbronzarti un po' e lasciare i pensieri là fuori, nel freddo della sera che ti afferrerà di nuovo più tardi, molto più tardi, per lasciarti addosso come una lieve brina sui cappotti, durante la lunga passeggiata sulla strada verso casa.
Non posso ancora evitare, però, il sorriso amaro di chi ricorda altri infiniti tempi: tempi migliori, tempi diversi, che solo per esser già passati, solo per averli già tutti vissuti, non lasciano alcun rimpianto, ma affollano la testa di ricordi e lasciano il cuore colmo di una nostalgia infinita.
Così, mentre il mio viso si schiude in una risata di cuore nel frangente del momento, voltarsi e non vedere loro due lì con noi è una morsa struggente, che rimanda la gioia in gola, in un nodo che non si scioglie e opprime, impedendo quasi il respiro; mentre trattengo il fiato e in un istante si concentrano anni di amicizia e sul mio volto passa un'ombra di tristezza, che va a nascondersi tra le luci fioche del locale.
Poi riprende l'ilarità tra la baraonda generale ma quella ingombrante assenza, che pare solo a me evidente, si attarda in un angolo buio del bar e mi aspetta paziente e accompagna a casa benevola, proprio come avrebbero fatto tutti quei buoni e vecchi amici, dei quali, purtroppo, sento sempre più spesso la mancanza.